Domenica sono stato a Sanluri, presso la località in cui sorge la chiesa di Sant’Antiogu Becciu e il Nuraghe Cuccuru is Melas, in prossimità della quale dovrebbe sorgere uno dei tanti mega impianti di produzione di energia da eolico. Sono stato invitato dal coordinamento dei comitati di difesa del territorio che con grande spirito civile si stanno opponendo al tentativo di devastazione e ad alla nuova forma di sfruttamento colonialistico che si nasconde dietro alle belle parole delle energie rinnovabili e del giusto superamento della produzione da fonti fossili.
La minaccia che incombe è, a mio avviso, la più grave che la Sardegna abbia subito finora: una devastazione senza precedenti del nostro paesaggio e l’accaparramento di risorse di grande valore strategico ed economico, sottraendoci la possibilità di utilizzare questa “risorsa inaspettata” per metterla al centro di un pensiero nuovo e di una nuova forma di sviluppo per la nostra regione.
Sono convintamente a favore della transizione energetica, sia perché è inevitabile al fine di garantire la sopravvivenza del pianeta e quindi di noi tutti, sia perché, credo fortemente possa rappresentare una straordinaria occasione di cambiamento delle condizioni della nostra isola, di sviluppo economico e di crescita complessiva per noi tutti. Ciò che continuo a ritenere profondamente ingiusto e illegittimo è che tale transizione energetica debba essere totalmente imposta dall’esterno, sulla base di leggi nazionali ed autorizzazioni ministeriali, senza alcun sostanziale beneficio e anzi a danno delle risorse fondamentali della nostra comunità. Senza che la Regione Autonoma della Sardegna possa validamente contribuire al governo di tale materia e quindi alle scelte sul giusto dimensionamento, sulla giusta localizzazione e sul giusto utilizzo degli impianti.
Le ragioni di questa insostenibile situazione stanno tutte nella normativa statale di riferimento: dal D.lgs 387 del 2003 fino ai c.d. decreti Draghi (D.lgs 199/2021 e DPCM Draghi 29 marzo 2022). Una normativa caratterizzata da crescenti necessità di urgenza e conseguenti semplificazioni autorizzative, prediligendo sempre il principio della “massima diffusione degli impianti”.
L’art. 20/c1 del D.lgs 199 del 2021 prevedeva l’emanazione dei decreti attuativi che avrebbero individuato e stabilito i principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti da fonti rinnovabili e che le Regioni, entro 180 giorni dall’emanazione dei medesimi decreti avrebbero avuto l’obbligo di redigere la mappe delle aree idonee.
Ora, il tempo è passato inutilmente, e i privati presentano le loro domande di installazione e connessione in un quadro giuridico privo dei Decreti governativi di indicazione dei criteri e conseguentemente senza una Legge Regionale di individuazione dei siti idonei all’installazione degli impianti. In questa fase di transizione sono direttamente i Ministeri del Governo Nazionale ad occuparsi dell’approvazione o diniego dei progetti depositati. Con l’autorizzazione i privati sono automaticamente autorizzati ad effettuare gli espropri delle aree interessate, senza che La Regione, abbia alcun potere in merito.
Credo che la Questione Energetica rappresenti oggi la vera Questione Sarda, in forza della quale occorre riscoprire e percorrere immediatamente una strada fortemente autonomistica, coraggiosa, capace di utilizzare tutte le prerogative statutarie e costituzionali al fine di riappropriarci del ruolo di autogoverno del nostro territorio, sottraendolo all’avidità della speculazione e indirizzando maggiormente all’utilità sociale lo sfruttamento delle nostre risorse del sole e del vento.
I comitati spontanei da tempo chiedono a gran voce una Legge Regionale di moratoria, ora la stessa Presidente della Regione ha annunciato l’intenzione di provvedere in tal senso. Tuttavia il già citato art. 20, comma 6, del D.lgs 199/2021 impedisce espressamente ogni forma di moratoria “nelle more di individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione”. Appare chiaro quindi che un semplice articolato che disponesse la sospensione dei progetti in corso verrebbe immediatamente impugnato dal Governo, per espresso contrasto con la normativa nazionale, e indurrebbe le società private interessate ad avanzare richiesta di risarcimento di danni.
Per questa ragione ritengo che tale obiettivo (il blocco di tutto quanto non perfettamente autorizzato ed in corso di autorizzazione) debba essere raggiunto percorrendo un’altra strada più ampia e più coraggiosa, capace non solo di reclamare un blocco temporaneo ma di ripensare totalmente le modalità di sfruttamento delle fonti rinnovabili in Sardegna, capace di trovare il giusto equilibrio tra libertà di impresa e ricadute economiche sociali per la nostra Regione. E’ urgente porre con forza e in modo articolato una questione che è necessariamente giuridica e politica al contempo, ripartendo da principio.